Ad oggi, in base agli “scenari demografici” a disposizione “è possibile delineare la futura traiettoria dei requisiti di accesso al pensionamento”: dai “66 anni e 7 mesi, in vigore per tutte le categorie di lavoratori dal 2018, si passerebbe a 67 anni a partire dal 2019“. Così il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, in audizione alla Camera, sulle proposte di legge per l’equità. Dal 2021 salirebbe a 67 anni e 3 mesi dal 2021 mentre, spiega, “per i successivi aggiornamenti fino “a 69 anni e 9 mesi dal 2051”.
E d’altra parte il governo chiude ogni spiraglio su possibili interventi in materia previdenziale a partire dalla richiesta dei sindacati di uno stop all’aumento dell’età di vecchiaia collegato all’aspettativa di vita previsto per il 2019. “C’è una legge in vigore” – ha detto il premier, Paolo Gentiloni al termine del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera alla manovra – “e la rispetteremo”.
In pratica, si attenderanno i dati Istat previsti per questo mese sull’andamento dell’aspettativa di vita tra il 2013 e il 2016 e si procederà all’aumento dell’età di vecchiaia sulla base di questo andamento. Al momento la previsione è di un aumento nel 2019 di cinque mesi (arrivando a 67 anni). Preoccupati i sindacati. I pensionati Cgil hanno chiamato alla mobilitazione, “non rinviabile”.
Nessuna indicazione sembra in arrivo sulla pensione di garanzia per i giovani né condizioni più favorevoli per il pensionamento delle donne nel complesso che hanno avuto figli così come chiesto dai sindacati (un anno di anticipo per ogni figlio con un limite di tre anni). “Voglio esprimere la preoccupazione” – ha detto il numero uno della Cgil, Susanna Camusso – “per la mancanza di risposte sulla previdenza. Serve un atto normativo che sospenda l’aumento dell’aspettativa di vita”. “C’è bisogno” – ha detto il leader della Uil, Carmelo Barbagallo – “di risposte significative sulla fase due della previdenza”.
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, parlando al ‘Tg1’ delle misure contenute nella legge di bilancio 2018 ha affermato che “la legge di bilancio dell’anno scorso e quella di quest’anno contengono numerosi strumenti che permettono, a particolari segmenti della popolazione, di lasciare il lavoro prima e andare in pensione anticipatamente”. L’aumento dell’età pensionabile previsto a partire dal 2019, aggiunge il ministro, “è un obbligo di legge, è già avvenuto due volte che in passato l’età pensionabile è stata accresciuta per ragioni di demografia”.
Le 11 categorie di lavoratori che dovrebbero non essere inserite nell’aumento dell’età pensionabile:
- maestre di asilo nido e delle scuola materna;
- infermieri con turni notturni;
- macchinisti;
- camionisti;
- gruisti;
- badanti;
- addetti alle pulizie;
- addetti alla raccolta dei rifiuti;
- addetti alla concia delle pelli;
- facchini;
- muratori.
Queste sono le categorie che emergono dai chiarimenti che Bruxelles chiede all’Italia per quel che riguarda la manovra. A spaventare è il buco di 1,7 miliardi che si creerebbe nel caso in cui non si agisse secondo la Legge Fornero.
Per Legge il decreto del Ministero del Lavoro che adegua l’età pensionabile deve essere emanato entro fine anno e quindi non può essere lasciato alla prossima legislatura.
Una partita che Renzi vuole cercare di vincere, facendo slittare la questione, ma che Gentiloni sta cercando di risolvere, in modo da non avere problemi con Bruxelles. Una questione che per il momento rimane aperta, ma che sembra non si potrà risolvere se non effettuando l’aumento dell’età per l’uscita dal lavoro.
Fonte: Google News
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