Addestramento di base: la chiave per le prestazioni sotto stress.
Una delle obiezioni più comuni nel mondo dell’addestramento operativo è: “Non è la realtà, quindi non dimostra nulla!” Ma è davvero così?
Introduzione.
Una delle obiezioni più comuni nel mondo dell’addestramento operativo è: “Non è la realtà, quindi non dimostra nulla!”
Questa critica nasce spesso quando si parla di esercitazioni controllate, come il tiro su bersagli statici o le simulazioni sotto stress limitato in ambienti sicuri. Ma questa visione ignora un principio fondamentale: la realtà non è il luogo dove si sviluppa la competenza, ma dove la si mette alla prova.
Il Ruolo dell’Addestramento Controllato.
La scienza delle prestazioni e le neuroscienze applicate ci insegnano che l’acquisizione delle abilità richiede una fase importante di isolamento contestuale.
In altre parole, per imparare movimenti complessi e reazioni corrette, serve un ambiente a stress crescente e alta ripetibilità, dove sia possibile consolidare schemi motori precisi e dove sia possibile commettere errori e scoprire le criticità del singolo operatore.
In fase iniziale, il cervello ha bisogno di:
-feedback chiaro e misurabile (es. punteggi, tempi, errori visibili),
-ripetizioni deliberate per automatizzare le competenze,
-condizioni controllate per ridurre il carico cognitivo.
Questo vale per il tiro operativo, ma anche per tecniche di arresto, uso di ausili difensivi, comunicazione, assetto mentale, tattica e gestione delle emergenze in generale.
Spesso infatti, tendiamo a pensare che la competenza nelle tecniche operative, abbia a che fare "semplicemente" con la fase del conflitto, mentre in effetti la gestione di una situazione critica richiede un approccio basato sui 4 pilastri fondamentali dell'intervento operativo: assetto, copertura, protezione e comunicazione (ai quali dedicheremo un articolo apposito).
Questo livello di complessità non può essere raggiunto se non con una meticolosa attenzione ad ogni dettaglio, che non può quindi prescindere da un lavoro tecnico di precisione in un ambiente controllato e statico, per crescere poi con il livello di realismo.
Lo stress non crea abilità, rivela il livello minimo.
Sotto pressione, il cervello non inventa nuove competenze: si affida a ciò che è stato automatizzato.
Per questo, se l’addestramento è stato superficiale, emergeranno errori come movimenti scoordinati, decisioni impulsive e perdita di precisione.
Se invece la base è solida, con procedure ripetute e validate, quelle competenze sopravvivranno anche in condizioni critiche.
Il Mito del “Realismo”.
Scenari ad alta intensità, come force-on-force o simulazioni di combattimento, non servono a costruire abilità tecniche, ma a testare:
-capacità decisionali,
-gestione dello stress,
-applicazione di competenze già acquisite.
Senza una base tecnica robusta, queste simulazioni insegnano solo a sbagliare più velocemente.
Lezioni dai Settori d’Eccellenza.
In ogni ambito ad alte prestazioni – forze armate, polizia, sport – i professionisti dedicano la maggior parte del tempo ad ambienti controllati e ricchi di feedback, prima di affrontare il test sotto stress.
Nessuno nasce esperto, e l’esperienza sul campo, da sola, non garantisce la padronanza tecnica: sopravvivere a una situazione critica non equivale a essere un maestro della disciplina, come ad esempio sopravvivere ad un incidente stradale non trasforma in ottimi guidatori.
Conclusione.
Allenarsi in modo strutturato, controllato e ripetibile non è “giocare": significa costruire un sistema affidabile che regga quando il controllo scompare.
Il vero professionista non si limita a sperare di reagire bene sotto pressione: si prepara scientificamente per farlo.